Pubalgia: cause, sintomi e cure efficaci

pubalgia

Cos’è la pubalgia?

La pubalgia è una condizione molto comune in ambito sportivo, caratterizzata da dolore nella regione inguinale che si accentua durante gli sforzi che coinvolgono la muscolatura addominale e gli arti inferiori. In ambito scientifico si utilizza sempre più spesso il termine ombrello “groin pain”, che comprende diverse condizioni dolorose a livello pubico e inguinale.

È particolarmente frequente negli sport che richiedono movimenti esplosivi e ad alta intensità, come salti, scatti e cambi di direzione. Tra questi, calcio, rugby e hockey sono i più rappresentativi. Colpisce soprattutto la popolazione maschile, con un’incidenza del 13%, rispetto al 6% osservato nelle donne.

Quali sono le cause della pubalgia?

Il dolore inguinale può avere diverse cause e meccanismi di insorgenza, che spaziano da traumi diretti e acuti fino a microtraumi ripetuti.

I cambi di direzione e i movimenti laterali – tipici degli sport di squadra – rappresentano circa il 59% degli infortuni e rientrano nei cosiddetti movimenti a catena cinetica chiusa.
Le lesioni legate a calci o salti, invece, rappresentano il restante 41% e sono classificate come movimenti a catena cinetica aperta.

Uno dei meccanismi più comuni è la rapida attivazione muscolare successiva a un improvviso allungamento: questo porta a una contrazione eccentrica degli adduttori, che tentano di rallentare bruscamente la coscia in estensione e abduzione, per poi contrarsi concentricamente nell’azione di adduzione e flessione dell’anca.
Tale dinamica è alla base di molte lesioni acute degli adduttori.

Un’altra teoria sottolinea invece il ruolo di un deficit della fascia trasversa addominale, che costituisce la parete posteriore del canale inguinale. Una sua debolezza o lesione può essere responsabile di dolore cronico a livello addominale e inguinale negli atleti.

Tra i principali fattori di rischio ricordiamo:

  • precedente lesione inguinale
  • elevata intensità di gioco
  • ridotto range di movimento di adduzione dell’anca
  • deficit di forza degli adduttori/abduttori dell’anca
  • preparazione atletica insufficiente o poco specifica

Come viene classificata la pubalgia?

Il riferimento principale per classificazione e iter diagnostico è rappresentato dal Doha Agreement (2015), che suddivide il groin pain in cinque sottoclassi [1]:

  1. Pubalgia adduttore-correlata → dolore tendineo o miotendineo, spesso a carico dell’adduttore lungo; possono essere coinvolti anche i muscoli addominali a livello sovrapubico.
  2. Pubalgia ileo-psoas correlata → dolore anteriore dovuto all’attrito del muscolo con le strutture vicine (spesso l’anca), talvolta con comparsa di “scatto” udibile; possibile presenza di borsite.
  3. Pubalgia canale inguinale correlata → legata a debolezza della parete addominale, con sintomatologia simile a quella di un’ernia inguinale; talvolta può coinvolgere i nervi ileo- e genitofemorale.
  4. Pubalgia osso pubico correlata → dolore da stress cronico a livello dell’osso pubico o della sinfisi; è una zona cruciale per la trasmissione delle forze di adduttori e addominali, rappresentando il fulcro anteriore del bacino.
  5. Pubalgia da altre condizioni → include dolori provenienti dall’articolazione dell’anca (FAI, artrosi, lesioni del labbro acetabolare), dolori irradiati dalla colonna lombare, dall’articolazione sacroiliaca o dalla regione testicolare.
classificazione pubalgia

Come si effettua la diagnosi di pubalgia?

La diagnosi richiede un approccio integrato:

  • Anamnesi accurata: sede del dolore, relazione con lo sforzo, attività che lo evocano.
  • Valutazione clinica: palpazione della zona dolente, test funzionali da sforzo e allungamento, test specifici per la diagnosi differenziale.
  • Ecografia: utile quando la causa origina da muscoli e tendini; in particolare, abbinandola a manovre dinamiche come il Valsalva, può aiutare nella valutazione di possibili debolezze della parete addominale.
  • Risonanza magnetica (RMN): fondamentale per indagare patologie ossee e della sinfisi pubica, oltre che per una visione globale del distretto.

Quali sono le cure più efficaci per la pubalgia?

Il trattamento varia in base alla causa sottostante, seguendo la classificazione di Doha:

  • Adduttore-correlata → riduzione del carico nelle prime fasi, esercizio terapeutico mirato e terapie fisiche come laser ad alta potenza e onde d’urto.
  • Ileo-psoas correlata → riduzione del carico, terapia manuale ed esercizi specifici.
  • Canale inguinale correlata → trattamento conservativo con rinforzo mirato del muscolo trasverso addominale per circa tre mesi; se i sintomi persistono, valutazione chirurgica.
  • Osso pubico correlata → riduzione del carico, esercizio terapeutico e terapie fisiche (laser ad alta potenza e onde d’urto).
  • Altre condizioni → gestione specifica in base alla patologia identificata.

Tra le terapie fisiche, le onde d’urto focali sono supportate da una buona letteratura per il trattamento di patologie ossee e tendinee.
Nonostante manchino studi specifici sulla pubalgia, l’esperienza clinica suggerisce che cicli di 3-5 sedute (a cadenza settimanale o bisettimanale) possano dare buoni risultati a medio-lungo termine.

Quando l’approccio conservativo non è sufficiente possono essere prese in considerazione diverse opzioni mini-invasive [2]:

  • Infiltrazioni ecoguidate con corticosteroidi e anestetico locale: efficaci nel breve-medio termine nelle patologie inserzionali non degenerative.
  • Proloterapia con destrosio al 15%: sicura ed efficace a lungo termine, con ottimi risultati in oltre il 90% dei casi.
  • Infiltrazioni ecoguidate di PRP: particolarmente utili in caso di tendinopatie degenerative.
  • Elettrolisi percutanea ecoguidata (EPI): metodica innovativa, efficace e sicura nelle tendinopatie degenerative, sempre in combinazione con esercizio terapeutico.
  • Infiltrazioni con collagene e polinucleotidi: approcci recenti con molecole dalle proprietà antinfiammatorie e riparative, di efficacia moderata nelle tendinopatie croniche (ancora pochi studi specifici sugli adduttori).

Tutte queste metodiche devono essere inserite in un programma riabilitativo multimodale e mai considerate come soluzioni isolate.

Il percorso riabilitativo

Il percorso riabilitativo prevede 3 fasi:

  1. Controllo del dolore → riduzione o sospensione delle attività sportive, esercizi leggeri a basso carico.
  2. Progressione del carico → inserimento graduale di esercizi eccentrici, di stabilità e controllo pelvico.
  3. Ritorno in campo → ripresa progressiva e personalizzata dell’attività sportiva.

Il tempo medio di recupero varia tra i 3 e i 6 mesi, a seconda della gravità del quadro clinico.
Un protocollo riabilitativo di riferimento è quello modificato di Hölmich, studiato per gli atleti con dolore inguinale da adduttori.

protocollo di Hölmich pubalgia
Foto del protocollo di Hölmich da https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29721339/

Prevede 10 settimane di esercizi (3 volte a settimana, 120-150 minuti a seduta), suddivisi in due fasi progressive, con obiettivo di rinforzo, stabilità e stretching. I risultati clinici sono incoraggianti.

Solo nei casi refrattari, dopo 6-9 mesi di trattamenti conservativi ben condotti, può essere indicato un consulto chirurgico.

In conclusione

  • La pubalgia è una condizione dolorosa della regione pubica/inguinale, frequente negli sportivi.
  • Colpisce più spesso gli uomini, con un rapporto di circa 2:1.
  • La diagnosi richiede anamnesi, esame clinico ed esami di imaging (ecografia, RMN).
  • La classificazione di Doha è il riferimento attuale in ambito scientifico.
  • L’approccio conservativo, basato su fisioterapia ed esercizio terapeutico, è la prima scelta.
  • Le terapie ecoguidate mini-invasive rappresentano un valido supporto nei casi resistenti.
  • La prognosi dipende dalla causa scatenante, con tempi di recupero compresi tra 2 e 6 mesi.

Cerchi una soluzione definitiva per la tua pubalgia?